Raffaele Diglio, ha iniziato a fare sindacato nel settore industriale nell'area vasta di Avellino- Benevento, dove ha ricoperto incarico di dirigente provinciale, ha seguito direttamente le trattative del polo tessile di Airola sui tavoli istituzionali tra Provincia di Benevento, Regione Campania e Ministero.

Successivamente  si è trasferito al nord dove ha   lavorato nel comparto sanità.

Eletto rappresentante sindacale e dirigente provinciale del comparto sanità di Milano Monza Brianza e Lodi.

Già consigliere comunale con carica di assessore comunale.

Ha maturato pertanto esperienze in più settori, venendo a contatto con situazioni e problematiche di diversa natura che gli hanno consentito di comprendere la complessa realtà,  la sua evoluzione nel tempo, le istanze delle difficoltà dei lavoratori che in essa operano.

Dieci le proposte di Diglio per rilanciare il SSN e SSR.

"In cima alla necessità legate alle politiche per il personale spiccano la valorizzazione del potenziale dei professionisti, l’investimento sulle competenze digitali e un adeguamento di inquadramento e retribuzione.

Per dare risposte efficaci al problema delle cronicità:  invecchiamento e carenze di personale, soprattutto infermieri e operatori socio sanitari e i tecnici della sanità, necessità di integrazione tra i livelli di cura (ospedale, strutture intermedie, territorio, medici di medicina generale); arretratezza tecnologica; vetustà e inadeguatezza delle infrastrutture;  fragilità di alcuni sistemi regionali; livello inadeguato di competenze gestionali e di governance a livello centrale e locale.


Nell’ambito delle politiche del personale si concentrano sulle competenze per la sanità del futuro, su una maggiore flessibilità nelle forme di reclutamento e impiego e sulla gestione e sviluppo del capitale professionale nelle aziende. 


Valorizzare i dieci punti, il potenziale di tutti i professionisti per realizzare nuovi modelli di cura:

1)Rafforzare i percorsi di studio soprattutto per la figura emergente gli OSS, rispondendo agli effettivi fabbisogni formativi;

2)Sviluppare le competenze digitali;

3)Promuovere una cultura diffusa della ricerca clinica;

4)Coltivare e diffondere le competenze manageriali;

5)Ripensare i percorsi di accesso;

6)Valorizzare la professionalità con adeguate forme di inquadramento e retribuzione;

7)Rilanciare le politiche di gestione delle risorse umane nelle aziende e nelle regioni;

8)Ripensare il quadro normativo e le politiche di management;

9)Promuovere l’orientamento ai risultati e la qualità del top management.

10)Valorizzare il potenziale dei professionisti per realizzare nuovo modelli di cura

I trend demografici ed epidemiologici hanno portato a una variazione consistente nei bisogni di salute della popolazione, a tale variazione non hanno però corrisposto significativi cambiamenti sul lato dell’offerta di personale sanitario in quantità e tipologia.


Si tratta di potenzialità che devono essere sfruttate, consentendo a tutte le professioni e tutti i professionisti di operare al massimo delle proprie possibilità.

 Ciò potrà, fra l’altro,  aiutare le aziende sanitarie nello sforzo di riappropriarsi di un ruolo significativo nella organizzazione interna del lavoro, un terreno, questo, oggi fortemente condizionato dai dirigenti sanitari per la loro rigidità.

La nostra sanità pubblica va riprogrammata tutta quanta superando la logica dei silos.

 Alla luce di tale scenario, si propongono tre specifiche aree di intervento:

Incrementare in misura significativa le dotazioni di OSS (operatori sociosanitari), soprattutto nelle regioni del centro-sud. 

E’ inoltre estremamente rilevante ridefinirne il profilo professionale identificando meglio competenze e responsabilità e valorizzarne il ruolo nei processi assistenziali affinché possa farsi carico con maggiore autonomia degli ambiti di attività propri di tale figura professionale. 

Un investimento nelle figure degli OSS figura che deve avere ancora il riconoscimento nel ruolo sanitario, dall’assistenza è anche giustificato dalla relativa brevità dei percorsi formativi che risultano, quindi, più flessibili e capaci di dare risposte rapide ai fabbisogni di personale da parte delle aziende.

Rafforzare la dotazione di professionisti territoriale dei medici supportati dagli infermieri e oss, capaci di seguire pazienti cronici, fragili e affetti da più patologie, con particolare riferimento ai medici della medicina territoriale, prevedendo forme di effettiva integrazione con  (medici di medicina generale) e personale convenzionato, e ai medici specializzati in medicina interna, sul modello internazionale.

Garantire lo sviluppo di carriere per il personale in possesso di competenze acquisite tramite percorsi formativi a livello universitario, dando piena applicazione a quanto previsto dal CCNL del comparto sanità sulle competenze avanzate.

Ciò dovrà avvenire sia in ambito sanitario che tecnico, professionale e amministrativo. 

In quanto, è particolarmente rilevante anche per poter attrarre, offrendo prospettive di retribuzione ragionevoli: profili qualificati di giovani ingegneri gestionali; ingegneri informatici ecc. 

Valorizzare gli incarichi di coordinamento delle professioni sanitarie. 

Veri ruoli di middle management, eventualmente modulando gli incarichi su più livelli in relazione alla complessità organizzativa dei diversi contesti. 

Prevedere la possibilità per i dipendenti del comparto di svolgere attività libero professionale.

Rendere omogenea l’entità dei fondi contrattuali tra le diverse aziende del SSN, per colmare le attuali ingiustificate discrepanze tra aziende nella medesima regione.


Promuovere lo sviluppo equilibrato delle competenze nei Sistemi Sanitari Regionali, grazie a adeguati sistemi di incentivi professionali che creino le condizioni per attrarre e sviluppare le competenze anche nelle sedi periferiche, prevedendo la possibilità di riconoscere incentivi anche economici per i professionisti che svolgono la propria attività presso le sedi meno attrattive".